dematerializzazione

All’indomani dell’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica per la PA, gli effetti della normativa rivelano risultati più che positivi. Secondo quanto dichiarato da Gerardo De Caro, Responsabile Ufficio Fatturazione Elettronica PA dell’Agenzia delle Entrate, lo Sdi (sistema di interscambio) ha ricevuto un numero di file pari a 22 milioni provenienti da 580.000 fornitori delle 20.000 Pubbliche Amministrazioni coinvolte nel fenomeno. Un successo confermato sia da un esiguo tasso di scarto (pari a circa 9%), sia dal tempo medio di gestione del file, pari a poco più di due ore. Un successo sì¬, ma -prendendo in prestito definizioni di dannunziana memoria- “mutilato”. Sono molti infatti tra fornitori e Pubbliche Amministrazioni che lamentano di non riscontrare i benefici auspicati, lasciando intendere quindi che per ottenere risultati reali bisogna ancora mettere a regime il processo.

Il problema di questa falla però non risiede nel sistema -il cui perfetto funzionamento è dimostrato dai succitati dati di scarto e tempo medio di gestione dei file- ma nella sua gestione. La questione è prettamente culturale: tutto dipende da una storica affezione ai processi analogici, ritenuti più efficaci, che porta ad innestare “processi illogici”, come spiega Paolo Catti, Direttore dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione. L’esempio più rappresentativo di questi processi illogici è la tendenza delle PA a richiedere documenti cartacei paralleli a quelli elettronici o, ancor peggio, la stampa delle stesse fatture elettroniche.

Per quanto positivo sia il risultato ottenuto finora, dunque, non è da considerarsi un punto di arrivo, ma solo un primo passo verso un processo di digitalizzazione ancora da terminare. Quello che manca allo stato attuale è una normativa che possa uniformare i processi, scongiurando il proliferare di pratiche personalizzate da interpretazioni soggettive. Manca inoltre un processo di digitalizzazione tout court: “La fattura non deve essere solo gestione di un documento ma parte di un processo all’interno dell’intera gestione documentale per trovare vantaggi su tutta la filiera”, ha spiegato Claudio Distefano dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione.

La chiave del successo dunque risiede nella completa gestione digitale delle fatture elettroniche, dalla ricezione all’archiviazione, che permetta di evitare trascrizioni manuali e documenti cartacei. Riassumendo, ciò che serve è il totale abbandono della carta.

La politica ha già compiuto uno sforzo per realizzare questo progetto con un emendamento alla Legge di Stabilità detto proprio “taglia carta”. Obiettivo dell’emendamento è quello di ridurre i fondi della PA per acquisti di carta, stampanti e toner costringendo all’uso di processi informatici e digitali, che dal 1 Gennaio 2020 dovranno sostituire interamente i processi analogici.

Per parlare di reale successo quindi è importante continuare sul percorso della digitalizzazione, di cui la fattura elettronica è stata solo il primo importante passo. È necessario ora inquadrarla all’interno di un processo più ampio – quello del ciclo ordine-pagamento- in modo che possa davvero avere un effetto volano per la digitalizzazione in Italia.