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Lo Split Payment è in vigore dal 1° gennaio 2015, ma sta attendendo ancora il via libera dalla Commissione europea.

La paura che tutto possa essere considerato incompatibile con le norme europee cresce sempre di più, anche perchè non mancano le associazioni di categoria che spingono per la sua revoca. ANCE, anche a nome di Cna Costruzioni, Anaepa Confartigianato e Aci-Produzione Lavoro, ha formalmente denunciato presso la Commissione europea l’incompatibilità dello Split Payment con alcune direttive europee, oltre al fatto che è stato introdotto in Italia senza nessuna autorizzazione comunitaria.
Ma perchè le aziende sono contro lo Split Payment?
Lasciando da parte la normativa europea, il motivo principale è che il meccanismo della scissione dei pagamenti sottrae alle aziende diversa liquidità (sulla base delle indagini del CNA, oltre 1 miliardo e mezzo al mese).
Infatti, poiché dal 1° gennaio la Pubblica Amministrazione si trattiene l’IVA per versarla direttamente all’Erario, l’impresa viene pagata ma senza IVA. Le imprese intermedie, in genere, compensano l’imposta che incassano sulle vendite con quella pagata ai fornitori, ma in questo caso dovrà attendere fino a 15 mesi, se potrà compensarla con l’IVA eventualmente ricevuta da altri soggetti privati, o ancora di più se non potrà compensarla e dovrà chiedere il rimborso.
E se le imprese non avessero i soldi per riequilibrare il flusso finanziario di cassa e, quindi, dovessero andare in banca per finanziarsi, quanto spenderebbero? Almeno un 6% di interessi, a patto che trovino una banca disponibile a prestare i soldi.

E se Bruxelles alla fine dovesse dire di no allo split payment, cosa succede?

Scatterebbero delle operazioni alternative da parte del governo per recuperare in tempi molto brevi tanti soldi, si stima circa 1,7 miliardi tra reverse charge per la grande distribuzione (oltre 728 milioni) e lo split payment (998 milioni).
Molto probabilmente si tradurrebbero in un aumento della benzina dal 30 giugno…

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